Castelnuovo 1958. Una ragazza di 27 anni, alta, bionda, elegantemente fasciata in un tubino nero, una collana di perle ad accarezzarle il collo e un paio di décolleté di pelle con un tacco vertiginoso, molto sexy, entra nell’Ufficio di Stato Civile. Porge il documento di identità all’impiegato, il quale lo apre, lo legge… poi lo rilegge ancora, spostando lo sguardo dalla carta alla ragazza. «Scusi, ma qui ci deve essere un errore; questo documento non può essere suo». «No, guardi, è proprio il mio documento ed è il motivo per cui sono qui». «Mi scusi, ma continuo a non capire». «Come può vedere sono una donna, perciò vorrei che potesse rilasciarmi un nuovo documento di identità». Chi è quella donna? Cosa le è accaduto prima di quella mattina? Qualcosa è avvenuto. Luciana Balducci tesse i fili della storia personale che condurrà quella donna a coprire una distanza immensa tra quello che era e ciò che diventerà, attraverso un percorso impervio, pieno di dolore e vergogna. Grazie alla sua ostinazione raggiungerà il tanto agognato riscatto sociale, per sé stessa e per gli altri: di tutti colori che cercano il loro esatto posto nel mondo. Ne fu appagata? Se potessi racchiudere la risposta in poche righe, mi affiderei ad un celebre passo di una poesia di Emily Dickinson “Bevvi un sorso di vita. Vi dirò quanto lo pagai: precisamente un’esistenza. Il prezzo di mercato, dicevano”.

Ho chiesto all'autrice di poter leggere il suo libro colpita dal titolo perché io stessa molto spesso provo la sensazione di estraneità. Questo romanzo è una storia di coraggio soprattutto se si pensa in quali anni è ambientato. Una donna imprigionata in un corpo che non le appartiene, dopo aver tentato molte strade decide di compiere un gesto estremo per poter vivere secondo il suo sentire. Mi ha colpito molto che la famiglia non abbia abbandonato Leonardo ma lo abbia sostenuto con forza e discrezione. L'autrice ci racconta questa lunga ed estenuante battaglia per ottenere il riconoscimento di una identità che è fondamentale anche se non biologica. La protagonista lotta strenuamente per vedere riconosciuti i suoi diritti, ottiene delle piccole, grandi vittorie che la gratificano ma che non riescono a dissipare del tutto il sentimento di inadeguatezza che pervade la sua esistenza, le pagine di questo romanzo sono un continuo altalenarsi di momenti piacevoli (insegnare ai bambini che con la loro ingenuità non vedono le differenze e se le scorgono le accettano perché ciò che è importante è l'anima, non ciò che appare, le passeggiate con l'amico/fidanzato Fausto); e di momenti cupi (quando più di una volta viene negata la rettifica anagrafica). Ogni volta ho percepito profondamente i sentimenti del protagonista, il suo enorme travaglio interiore, lo sgomento e la rabbia per la non accettazione da parte della società. Il finale anche se prevedibile mi ha spiazzato ma sono stata felice che Luciana ci abbia raccontato un'altra storia che prende spunto dalla forza della nostra protagonista e mi ha fatto piacere leggere le parole di Edoardo che sono quanto mai attuali. Ho riflettuto molto non solo su di me che litigo spesso con il mio corpo non conforme ai canoni della società ma soprattutto sulla questione delle persone "T" che è cosa ben diversa dall' omosessualità, su quanto sia doloroso sentirsi imprigionati in un corpo che non si riconosce come proprio e come specchio della propria anima, credo che ci si senta come un leone in gabbia e che ogni giorno sia una lotta. Penso che questo romanzo possa essere un seme con la capacità di fare riflettere per poi far germogliare una nuova coscienza di umanità che abbracci ogni tipo di diversità.
Oggi più che mai è importante sottolineare che il corpo è sono un contenitore, un involucro
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