NIKA TURBINA, LA BIMBA POETESSA

Il nome di Nika Turbina è sconosciuto ai più e onestamente me lo sono ritrovato davanti anche io quasi per caso in queste giornate di lockdown che sembrano non avere una fine. Mi sono ritrovata nella sua storia e nel suo sentire.

 “Tutto quello che dovevo, l’ho detto da bambina nelle mie poesie. Non c’era bisogno che divenissi donna”, scrisse Nika Turbina nei suoi diari. Ventisette anni. Concluse la sua vita cadendo dal balcone di un palazzo, presa dal vuoto, caduta accidentale o suicidio al secondo tentativo. La sua biografia fa sapere che “I primi componimenti di Nika risalgono all’età di quattro anni, dettati di notte alla mamma. Raggiunge l’apice della notorietà da bambina quando a soli sette anni i suoi versi appaiono su un quotidiano nazionale, grazie all’interessamento dello scrittore già affermato Julian Semenov. Nel giro di un anno la sua prima raccolta, "Quaderno di appunti" viene pubblicata a Mosca, con prefazione di Evgenij Evtušenko. In occasione del festival internazionale di poesia ‘Poeti e pianeta Terra’ tenutosi in Italia, nel maggio del 1985 le viene conferito il Leone d’oro di Venezia. Prima di lei, solo un altro poeta russo è stato insignito dello stesso riconoscimento: Anna Achmatova”.
“Ho iniziato componendo versi ad alta voce quando avevo tre anni. Picchiavo i pugni sul pianoforte e componevo. Le poesie venivano come qualcosa di incredibile, che ti raggiunge, poi ti lascia”, racconta Nika, e ancora: “Quando scrivo, ho l’impressione che una persona possa fare tutto ciò che vuole. Ci sono così tante parole dentro da smarrirsi”.
Dopo il 1991 Nika si allontanerà progressivamente dalla poesia. Studierà regia, reciterà, diverrà moglie, ma trascorrerà l’ultimo decennio di vita lontana dall’attenzione pubblica, lontana dalla letteratura.

Il bambino e l’adolescente sperimentano un’identificazione tragica con la vita che li fa essere naturalmente poeti. Dal loro sentire scaturiscono senza troppa difficoltà combinazioni di parole nuove, visioni insolite. 
Le doti di Nika Turbina non erano solo immaginative e verbali. Sembrava che quella bambina fosse venuta al mondo con una sensibilità già adulta, con una consapevolezza e un dolore già adulti. Solo l’intensità era infantile 
La poetessa scrive per smarrirsi, mette insieme le parole per attraversare un dolore individuale e universale, il suo è un sentire viscerale. Per lei i versi sono come l'aria, la vita e il dolore sono come l'aria e non si può smettere di respirare.
 La dichiarazione riportata all’inizio suggerisce che, spenta l’intensità, le sia rimasto, forte, il dolore, e che l’abbia sopraffatta: “Una persona deve capire che la vita non è lunga. E se dà valore alla propria vita, allora questa vita sarà lunga e, se davvero lo merita, sarà eterna, persino dopo la morte”.



Bambola

Io sono una bambola rotta.

Si sono scordati di mettermi

un cuore nel petto.

E al buio, in un angolo, inutile,

abbandonata.

E come una bambola rotta

al mattino ho ascoltato

i bisbigli di un sogno:

“Dormi, tesoro, dormi

e voleranno gli anni

e al tuo risveglio

di nuovo vorranno

prenderti in braccio

cullarti per gioco,

e troverà il suo battito

il cuore”.

E’ solo tremendo

aspettare.



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